Ultima modifica: 9 Ottobre 2014
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A proposito di “programmi scolastici”: Cultura, scuola, persona

Spesso si usa ancora, nel linguaggio comune, il termine “programma” per indicare l’insieme organizzato delle attività che la scuola propone agli alunni, suddiviso in classi o anni di corso. Tuttavia…

 

… anche se questa espressione è rimasta nel linguaggio, per la scuola di base le cose sono profondamente cambiate ormai da un decennio, da quando cioè i programmi della scuola media e della scuola primaria sono stati aboliti e superati dalle Indicazioni Nazionali. Non si tratta di un cambiamento esclusivamente lessicale o di facciata, ma di una modifica sostanziale che ha traghettato la scuola da un periodo in cui esisteva un percorso prescrittivo, costituito da un elenco di contenuti e di scansioni temporali definite dal Ministero, ad un modo nuovo di intendere l’organizzazione delle attività scolastiche. Nella sostanza, le Indicazioni Nazionali, che attualmente sono già alla loro terza edizione e vengono quindi definite Nuove Indicazioni Nazionali (pubblicate nel 2012), offrono uno scenario di riferimento entro cui collocare l’azione educativa e didattica e individuano obiettivi di apprendimento (non più annuali, ma pluriennali) e traguardi per lo sviluppo delle competenze. La rivoluzione operata da questa nuova impostazione (anche se preparata, negli anni, dal passaggio precedente dal programma alla programmazione) stenta ancora ad essere colta in tutta la sua portata, soprattutto dai “non addetti ai lavori”. 

Si ritiene quindi utile proporre alcune semplici riflessioni sul testo delle Nuove Indicazioni; le note che seguono non hanno alcuna pretesa di offrirne un commento esaustivo o particolarmente autorevole, ma semplicemente di rendere più trasparente e comprensibile il lavoro della scuola, attraverso la socializzazione del fondamentale testo ministeriale. 

Partiamo quindi dal capitolo introduttivo “Cultura, scuola, persona”, che traccia alcune linee guida per l’interpretazione dell’idea di scuola nel mondo attuale: la prima considerazione,al tempo stesso ovvia e gravida di conseguenze, è che “in un tempo molto breve, abbiamo vissuto il passaggio da una società relativamente stabile a una società caratterizzata da molteplici cambiamenti e discontinuità. Questo nuovo scenario è ambivalente: per ogni persona, per ogni comunità, per ogni società si moltiplicano sia i rischi che le opportunità. Gli ambienti in cui la scuola è immersa sono più ricchi di stimoli culturali, ma anche più contraddittori“.

Questo significa, in primo luogo, che la scuola di oggi non è e non può essere più quella di un tempo (neppure quella di ieri, quando a frequentarla erano coloro che oggi sono i docenti e i genitori degli alunni), perché è cambiato il contesto socio-culturale nel quale essa si colloca e perché la preparazione e le competenze da promuovere e sviluppare devono essere adeguate ai tempi che stiamo vivendo e che vivremo. 

Il testo continua: “Oggi l’apprendimento scolastico è solo una delle tante esperienze di formazione che i bambini e gli adolescenti vivono e per acquisire competenze specifiche spesso non vi è bisogno dei contesti scolastici“.

Quale dovrà essere allora la funzione della scuola, oggi? “Promuovere la capacità degli studenti di dare senso alla varietà delle loro esperienze, al fine di ridurre la frammentazione e il carattere episodico che rischiano di caratterizzare la vita dei bambini e degli adolescenti“. Non più, dunque, trasmettere semplicemente i contenuti, che oggi sono facilmente reperibili in molti altri luoghi e modi, quanto piuttosto dare ad essi forma e senso e sviluppare negli studenti le capacità ermeneutiche e critiche per muoversi in mezzo a tanto eccesso di informazioni, padroneggiandole ed utilizzandole al meglio. 

Il ruolo della scuola si delinea, però, non solo sotto il profilo cognitivo: “il paesaggio educativo è diventato estremamente complesso. Le funzioni educative sono meno definite di quando è sorta la scuola pubblica. In particolare vi è un’attenuazione della capacità adulta di presidio delle regole e del senso del limite e sono, così, diventati più faticosi i processi di identificazione e differenziazione da parte di chi cresce e anche i compiti della scuola in quanto luogo dei diritti di ognuno e delle regole condivise“.

Sotto questo aspetto, il lavoro della scuola è oggi estremamente complesso, ma anche assolutamente fondamentale. Nell’epoca dell’individualismo esasperato, che si mostra sempre più spesso con la pretesa del soddisfacimento dei propri bisogni intesi in senso assoluto e prevalente rispetto a quelli di chiunque altro, la scuola si pone come luogo di comunità e di socialità, spazio di apprendimento di regole condivise, tempo di rispetto per tutti, anche quando tale rispetto comporta una qualche piccola rinuncia, una breve attesa, una piccola fatica per comprendere e relazionarsi. In questo senso, la scuola svolge oggi un lavoro troppo spesso misconosciuto, ma essenziale alla sopravvivenza stessa della società civile. 




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